Sara, la segretaria innocente

Sara era una donna che sapeva come destreggiarsi tra le mille incombenze del suo lavoro di segretaria. Precisione, professionalità e riservatezza erano sempre stati i suoi punti di forza. Ma sotto la sua impeccabile apparenza di serietà, nascondeva un lato di sé che nessuno al lavoro avrebbe mai immaginato.

Il suo capo, l’affascinante signor Rossi, era un uomo di successo, sempre impegnato tra riunioni e viaggi di lavoro. Aveva un carisma che non passava inosservato e un modo di fare che lasciava poco spazio all’immaginazione. Sara spesso si ritrovava a fantasticare su di lui, immaginando cosa si nascondesse dietro quella maschera di uomo d’affari inflessibile.

Era un venerdì pomeriggio come tanti, l’ufficio era quasi deserto, i colleghi già proiettati verso il weekend. Ma il signor Rossi era ancora lì, chiuso nel suo ufficio, impegnato in una delle sue numerose conference call. Sara, seduta alla sua scrivania, non poteva fare a meno di pensare a quanto fosse stanca di mantenere sempre il controllo, di nascondere i suoi desideri.

Decise di osare. Preparò un caffè per il signor Rossi, e con una piccola smorfia di soddisfazione, notò che sotto la sua camicia ben stirata, il primo bottone era leggermente allentato, rivelando una parte del décolleté. Prese il vassoio e si avviò verso l’ufficio del capo. Bussò leggermente e, senza aspettare una risposta, entrò.

Il signor Rossi alzò lo sguardo, interrompendo per un attimo la chiamata. “Prego, entra, Sara,” disse, la voce leggermente rauca.

Lei gli porse il caffè, avvicinandosi un po’ più del necessario. “Pensavo avesse bisogno di una pausa, signore,” disse con un tono volutamente morbido.

Lui le lanciò uno sguardo curioso, forse percependo il cambiamento nel suo atteggiamento. “Grazie, sei sempre molto attenta,” rispose, sorseggiando il caffè. Ma non si aspettava certo quello che accadde subito dopo.

Sara si chinò leggermente, come per sistemare qualcosa sul tavolo, ma deliberatamente fece cadere una penna. Si abbassò lentamente per raccoglierla, sapendo benissimo che la gonna che indossava era abbastanza corta da lasciar intravedere la curva delle sue gambe. Quando si rialzò, i loro occhi si incrociarono, e un’intesa silenziosa si stabilì tra loro.

Il signor Rossi, per un attimo, sembrò perdere il filo dei suoi pensieri. “Sara…” iniziò, ma la sua voce era incerta.

Lei sorrise, un sorriso che era tutto tranne che innocente. “C’è qualcos’altro che posso fare per lei, signore?” chiese, avvicinandosi ancora un po’, il suo corpo quasi a sfiorare il suo.

Il signor Rossi rimase in silenzio, come se stesse valutando la situazione, ma poi qualcosa cambiò nei suoi occhi. Si alzò dalla sedia, lentamente, avvicinandosi a lei fino a sentire il calore del suo corpo. “Sara, sei consapevole di quello che stai facendo?” le chiese, la voce bassa e carica di tensione.

“Sì, signore,” rispose lei senza esitare, il cuore che batteva forte. Era stanca di reprimere i suoi desideri, di fingere che il suo capo non fosse l’oggetto delle sue fantasie.

La mano di lui si mosse delicatamente verso il suo viso, accarezzandole la guancia, scendendo lentamente verso il collo. “Sei sicura di voler giocare con il fuoco?” sussurrò, i loro volti ormai a un soffio l’uno dall’altro.

“Sì,” mormorò lei, avvicinandosi ancora, fino a sentire il respiro di lui sul suo viso. “Non voglio più nascondermi.”

E in quel momento, tutte le barriere crollarono. Le labbra di lui trovarono le sue in un bacio che era un misto di desiderio represso e pura passione. Le mani di Sara si aggrapparono alla camicia di lui, tirandolo più vicino, mentre il signor Rossi la sollevava leggermente, posandola sul bordo della scrivania.

Il tempo sembrava essersi fermato, mentre i loro corpi finalmente cedevano a quella tensione che avevano ignorato per troppo tempo. Le mani di lui esplorarono ogni centimetro del corpo di Sara, mentre lei si lasciava andare, finalmente libera di esprimere tutto ciò che aveva tenuto nascosto.

E quando finalmente si separarono, entrambi sapevano che nulla sarebbe stato più lo stesso. Avevano oltrepassato un limite, ma nessuno dei due sembrava volerne tornare indietro.

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